dipendenza affettiva, Narcisismo, relazioni tossiche

Di madri narcisiste e di figli che imparano (nonostante tutto) a nutrirsi d’amore.

C’è una tendenza, ultimamente peraltro molto diffusa, ad etichettare come narcisiste le madri che si concedono il diritto (sacrosanto) d’essere altro oltre che madri. Come se la donna dovesse per forza dissolversi nella madre e guadagnarsi, solo grazie a questo processo chimico in cui cambia stato, il titolo di “buona madre”.

Tale visione, ampiamente condivisa da un certo filone psicoanalitico che vanta autorevoli esponenti, non mi trova concorde per almeno due motivi. Il primo riguarda l’uso improprio del termine narcisismo, sferrato con disarmante superficialità sulle madri, con quel tono accusatorio con cui certe etichette diagnostiche si urlano in faccia a chi non ci piace il modo in cui sta al mondo, in cui in cui accudisce il proprio bambino. Il secondo ha a che fare, in maniera più viscerale, con una profonda divergenza d’opinione: una madre che mantiene su di sé uno sguardo amorevole oltre che sul figlio, che si concede lo spazio-tempo per essere donna e “altro dal materno” non è per forza una madre narcisista, anzi.

Se è vero, infatti, che l’accudimento è una sacra funzione genitoriale che quando si storpia o si contrae o si ritira produce bambini infelici e adulti disturbati e disturbanti, è vero anche che ce n’è un’altra, di funzione genitoriale, detta funzione generativa che è altrettanto importante e alla quale ci si arriva solo riconquistando quella quota di autonomia e libertà che le madri (fisiologicamente e giustamente) perdono nei primi anni di vita del loro bambino, quando l’essere stabilmente sintonizzate su di lui ne garantisce la sopravvivenza fisica e psichica.

La funzione generativa, succfd913354d87fbc9dffb618a34d9d9ea6--blabla-writing-inspirationessiva a quella accuditiva, è ciò che fa del proprio figlio un uomo o una donna, ciò che lo immette nel mondo, come essere sociale, normato, civilizzato anche emotivamente ed affettivamente, un uomo o una donna che potrà, a sua volta, generare altri uomini e donne, finalmente svincolati dalla fusione col materno prima e col familiare dopo, entro un progetto creativo più ampio.

La madre narcisista di cui voglio parlarvi qui è quindi una madre francamente patologica, una di quelle persone che nello spettro narcisistico o nel gradiente narcisistico (se così lo vogliamo chiamare) farebbe punteggi alti. La madre narcisista, così come la intendo io, è una donna prevalentemente concentrata su se stessa, con una pervasiva assenza di empatia, tesa a vivere e strumentalizzare il figlio come prolungamento della propria immagine. Un figlio che è contemporaneamente estensione di sé e fonte di risarcimento narcisistico e quindi deve essere grandioso abbastanza da rimandarle di lei l’immagine di donna grandiosa che ha generato un figlio grandioso, ma al contempo questo figlio non può e non deve mai brillare di una luce più luminosa di quella che emana lei, perché una persona narcisista non può tollerare di brillare meno di chiunque altro, e i figli non costituiscono eccezione. È come se chiedesse continuamente ed implicitamente al suo bambino di essere il più grande di tutti salvo poi svalutarlo e denigrarlo se davvero lo diventa e pertanto lo condanna a vivere in un paradosso irrisolvibile, perverso e lesivo.

Questa donna generalmente presenta alcuni tratti di personalità peculiari:

  Crede di essere unica e speciale e per questo esige una ammirazione incondizionata. È totalmente assorbita da se stessa e questo la rende ostinata ed egoista. Pensa di dover essere ammirata, magari per delle doti fisiche di bellezza o caratteriali di forza per le quali ritiene anche di avere diritto a un trattamento speciale.

  Non di rado si atteggia a martire, mettendo in scena laceranti drammi di autocommiserazione, ideati con cura, in cui è la protagonista assoluta, col solo scopo di generare nei figli dilanianti sensi di colpa per non averla compresa e aiutata.

  Distrugge le relazioni dei figli: inizia con quella tra i fratelli (questo le consente infatti di trarre soddisfazione dal senso di controllo che riesce ad esercitare) e continua con quelle amicali (i tuoi amici sono tutti pessimi) per poi ingerire continuamente e pesantemente nelle relazioni sentimentali, spesso compromettendole.

– Le sue necessità vengono prima di tutto: ha capovolto i ruoli tra madre e figlio non appena ha potuto, ribaltando le sue responsabilità su di te, lasciandoti da solo a prenderti cura di te come potevi, anche se non eri ancora pronto. Per tornare alle funzioni genitoriali, qui è la prima, quella accuditiva (che già non era mai stata adeguata), ad essere prematuramente abbandonata. Ricordo la storia di una paziente che mi raccontò di come da bambina, 7 anni, fosse andata a scuola per settimane con un paio di scarpe che le provocavano ferite ai piedi: le aveva desiderate molto e la madre narcisista gliele aveva comprate nonostante non fosse d’accordo. Adesso che le aveva avute “se le doveva piangere addosso” così le disse, e tolse da casa ogni altra scarpa più comoda, lasciando alla bambina la possibilità di indossare solo quelle.

  Mente spesso: sa che quello che dice o che fa è scorretto e che tu hai ragione a lamentarti ma dà comunque la colpa a te, praticamente di quasi tutto ciò che di negativo le accade. Per non farsi scoprire, userà manipolazioni di ogni sorta.

  Non perde occasione per biasimarti: non sei buono pressoché a nulla o se hai fatto qualcosa bene ed è sotto gli occhi di tutti, potevi, con un po’ di impegno in più, sicuramente farla meglio. Quindi la tua gioia per aver preso ventotto a un difficile esame universitario finirà nel momento in cui ti chiederà, delusa, il motivo per cui non hai avuto trenta. Una madre narcisista riconosce i tuoi successi solo nella misura in cui può trarne qualche vantaggio, li ignora o li sminuisce se non riesce a ricavarne qualcosa per sé.

  Qualsivoglia tentativo di autonomia da parte tua verrà duramente osteggiato: vestirsi in maniera più adulta, truccarsi/radersi, uscire con amici e fidanzati e perfino lavorare: al primo lavoretto estivo che troverai coglierà la palla al balzo e smetterà di contribuire economicamente al tuo sostentamento, anche nel caso in cui è evidente che il tuo lavoro non può garantirti stabilità economica: “Hai scelto di lavorare? allora adesso non c’è più bisogno che io paghi i tuoi vestiti”. In questo caso è la seconda funzione genitoriale, quella generativa, che una madre narcisista cerca costantemente di sabotare, nel tentativo di tenerti come sua estensione e impedire la tua individuazione come persona autonoma e diversa da lei.

–  La madre narcisista finge di essere una buona madre e una buona moglie e recita di fronte agli estranei questo ruolo ad arte. Tra le mura di casa però dismette la sua maschera e triangola, manipola, punisce e squalifica con durezza e, nei casi peggiori, incute timore ai suoi figli, paralizzandoli nella paura per ottenerne il controllo.

  Potrebbe essere promiscua. Alcune lo sono ma fanno in modo che nessuno lo sospetti, altre lo sono dichiaratamente e presentano con superficialità i loro partner ai figli, non curandosi dell’impatto che questo possa avere su di loro. Se non sono promiscue per cultura e educazione familiare, non perdono quasi mai l’occasione per sottolineare come il loro ruolo di madri e mogli abbia penalizzato la loro femminilità: “Ero così giovane e bella e tutti mi desideravano, poi ho incontrato tuo padre, siete nati voi e mi avete fatto ridurre così”.

Le madri narcisiste scelgono sempre un “figlio preferito” e un “figlio capro espiatorio da denigrare”. La variabile più spesso usata per scegliere chi ricoprirà un ruolo e chi l’altro è quasi sempre l’utilità che i figli possono avere come “rifornimento narcisistico” o la capacità di vedere il nucleo depressivo che questa madre nasconde oltre la grandiosa corazza che mostra: il primo diventerà il figlio preferito, il secondo il figlio da denigrare. Tra i due saranno fatti continui paragoni, ciò alimenterà l’odio dell’uno verso l’altro e impedirà loro di essere davvero fratelli. Il figlio preferito, da bravo prolungamento materno, potrebbe anche farsi carico direttamente dei compiti narcisistici della genitrice, abusando psicologicamente e/o fisicamente del capro espiatorio, in modo da sollevare la madre narcisista da tale compito.

Noi tutti ci identifichiamo con i genitori che ci feriscono, tanto per amore quanto per paura. La legge psicologica sottesa è: se non puoi sconfiggerli alleati a loro.

Non di rado il narcisismo di queste donne danneggia più le figlie che i figli, questo perché la madre vede, nella bambina prima e nella giovane donna dopo, un’estensione di sé, piuttosto che una persona indipendente, con sue specificità, con sogni, desideri, istanze psichiche e fisiche da realizzare. Le “madri sane” sono normalmente orgogliose dalle loro figlie, augurano loro realizzazione professionale, sentimentale, sperano che siano in salute e che conoscano una buona dose di felicità. La madre narcisista, invece, percepisce la figlia come una minaccia: se la piccola infatti ha la colpa di offuscare la madre convogliando su di lei le altrui attenzioni, allora sarà certamente punita, umiliata, svalutata. Ciò le consentirà di mantenere intatta la sua corazza narcisistica, non accedendo mai alla parte vulnerabile di sé che non accetta, per nessun motivo, di contattare. Una madre narcisista pu18cd2f72847d567f6563649d7b415bde.jpgò essere gelosa ed invidiosa della figlia per una lunga, (sempre aggiornabile) e agghiacciante lista di ragioni: la sua giovinezza, la sua intelligenza, la bellezza, i beni materiali, le conquiste sentimentali, i titoli che acquisirà e persino il suo rapporto con il padre. Quest’ultimo punto dà luogo a una perversa quanto gravissima triangolazione della figlia. Questa bambina, come ogni bambino venuto al mondo, non chiede null’altro che di avere rapporti sani con entrambi i genitori. Ma cosa accade se la madre è distruttivamente invidiosa del normale rapporto d’amore che dovrebbe instaurarsi tra un padre ed una figlia? E ancora, cosa accade se un padre non desidera compromettere la relazione con la moglie e a tal proposito sveste i panni di padre, abdica alla funzione paterna, nel tentativo disperato di salvaguardare il matrimonio facendo ciò che implicitamente la moglie chiede? Succede che quella povera bambina viene emotivamente abbandonata da entrambi i genitori, incapaci, per ragioni diverse, di stabilire una amorevole e profonda connessione con i suoi bisogni psichici di accudimento e affetto. In questo arido e perverso scenario familiare quella figlia cercherà con tutti i mezzi di guadagnarsi l’amore di colei che l’ha generata, di ottenere la sua attenzione e sentirà che non sarà mai capace di compiacerla, portando con sé, per sempre, il “difetto originario” di non sentirsi degna d’amore. E nulla come il non sentirsi amabili rende gli umani fragili, vulnerabili, insicuri, instabili, infelici e facili prede di umani più forti, sicuri, dominanti, a volte manipolativi, perversi e narcisisti, magari proprio come lo era la mamma.

Come si fa quindi a sopravvivere e germogliare nell’aridità di questo terreno familiare?

Un certo filone di letteratura suggerirebbe come modalità privilegiata quella di interrompere i rapporti e chiamerebbe la soluzione “contatto zero”.

Mi chiedo spesso, però, quanto questo sia applicabile nel caso in cui il narcisista da cui dobbiamo difenderci non sia l’uomo che abbiamo creduto erroneamente essere il nostro principe azzurro ma la nostra mamma. Ho come la sensazione che anche di fronte alla madre peggiore del mondo latitare per sempre, per quanto in alcuni momenti della nostra vita possa sembrare necessario ed in altri risultare l’unica strada possibile, sia comunque pericoloso. Perché dà la prova inconfutabile che niente sia curabile o almeno lenibile non tanto in lei quanto nei figli che quella madre l’hanno amata, nonostante tutto. Come potranno, quei figli, guarire dal loro “difetto originario” se si sottraggono al veleno delle loro madri ma anche alla possibilità che quelle madri cambino e inizino ad amarli?

Mi piace di più pensare che nel salotto caldo e accogliente della stanza di terapia si possa prendere coscienza del problema, accettando che quella madre bugiarda, manipolativa e insensibile è così e non cambierà, semplicemente perché non può, nonostante i nobili tentativi della figlia o del figlio di offrirle amore incondizionato e riparativo. Mi piace pensare che, insieme, terapeuta e paziente, si può togliere artigianalmente la coltre nera del senso di colpa, avviare una separazione psichica da quella madre che non è come avrebbero voluto, vivere il lutto della “madre sognata” e smettere di cercare in lei atteggiamenti materni che non si otterranno mai, perché non è capace di offrirli. Mi piace pensare che questi figli possono essere aiutati a capire che non diventeranno come lei, che sicuramente saranno genitori affettivamente più competenti perché, a differenza di colei che li ha generati, loro hanno capacità di introspezione, riescono a mettersi in discussione e soprattutto hanno un dono raro che lei non avrà mai: l’empatia. Mi piace pensare che le persone possano imparare a fare pace col loro “genitore interno”, anziché combattervi una sanguinante battaglia tutta la vita. Che possano imparare a cercare nutrimento affettivo laddove potranno finalmente trovare una tavola imbandita in cui rimpilzarsi d’amor proprio, un cibo dalle grandi proprietà nutritive, il solo che può permettere di rinunciare, una volta per tutte, alle briciole avvelenate che le loro madri non hanno fatto altro che mettere loro nel piatto.

Dott.ssa Silvia Pittera – Psicologa e Psicoterapeuta.

15 pensieri su “Di madri narcisiste e di figli che imparano (nonostante tutto) a nutrirsi d’amore.”

  1. Rivedo mia madre in tutto .
    Ma all’ episodio delle scarpe non avevo mai pensato in questo senso : dovevo fare la Cresima e mia madre aveva deciso di comperarmi ,per l’occasione ,delle scarpe che le piacevano tanto.
    Già in negozio mi facevano molto male ma lei : “Chi bella vuole apparire un poco deve soffrire”.
    Quelle scarpe avevo poi dovuto indossarle per molto tempo ancora , perché lei le aveva pagate un sacco di soldi .
    E così avevo smesso di correre insieme agli altri bambini , le vesciche ai piedi e il dolore alle punta delle dita me lo impedivano .
    Finchè,finalmente ,le scarpe si sono aperte davanti ; uscivano le dita e lei aveva deciso, non prima di accusarmi di non avere alcuna cura per le cose , che non era più il caso io le mettessi : sembravo una pezzente , diceva.
    Aveva anche provato a farsele rimborsare dal negozio in cui le aveva comprate e , non riuscendoci ,mi aveva accusata di essere incontentabile.
    Nonostante io sappia che mia madre è narcisista non avevo pensato questo so atteggiamento lo fosse.

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  2. Questo articolo sembra scritto apposta per me. Sono tre anni che sto in terapia per “curare” i traumi di una vita (ho 43 anni). Sono riuscito a farle fare 2 sessioni con uno psichiatra, ma conoscendola non ci credo fino a che non lo vedo con i miei occhi al fatto che ci sia andata veramente. E poi è accaduto il coronavirus.. e non si può uscire di casa.
    Dottoressa Pittera lei sarebbe la persona ideale per affrontare questa situazione. Grazie per averci regalato questo articolo, mi ha rassicurato molto e fatto capire che non sono l’unico in questa situazione e che non sono diventato matto dopo anni di “gaslighting” da una madre narcisista. Sperando di poterla contattare una volta terminata questa situazione orribile del coronavirus. Un cordiale saluto
    Francesco

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  3. E’ incredibile come questo articolo descriva perfettamente mia madre, mi ritrovo in maniera sorprendente anche nella storia e nelle frasi dette dalla madre di AROUNDSTE. L’unica differenza è che io non chiedevo mai nulla e non è per dire. E’ difficile parlare del problema e a me risuona in testa sempre la sua voce e il suo giudizio. Io i rapporti non riesco a tagliarli per senso del dovere, più che per senso di colpa (chissà se c’è davvero una così grande differenza, in questo caso, forse la differenza stà nella sofferenza). Gestirla è difficile anche se ho accettato in qualche modo di essere orfana di madre, lei riesce comunque a ferirmi o irritarmi e quando vedo la sua faccia soddisfatta quando ci è riuscita, mi manda fuori di testa. Ogni tanto mi chiedo “per quanto ancora?”

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  4. derivo da un mondo arabo, maschilista, e vengo a scoprire questo ora che ho quasi 40 anni, divorziata con un figlio..riconosco tutto quello che viene detto..ricordo tutto nei minimi dettagli..da bambini ho avuto tanti pensieri di suicidarmi o di ucciderla..nn sentivo che mi voleva bene veramente..da bambina sognavo ad occhi aperti che sono figlia dottata..che i miei veri genitori , un giorno sono venuti a riprendermi…nn riesc a guarirmi..sempre in mari di lacrime..mi ha spento e nn riesco a fuggire dalle sue unghie 😥

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  5. Buonasera dottoressa,
    Le chiedo aiuto per mio nipote di 11 anni che è dilaniato dalla
    Mamma ( mia sorella) in un rapporto di abuso emotivo, manipolaIone , ricatto e denigrazione continui. Vorrei aiutarlo perché sta molto male , iniziando anche a somatizzare la situazione con tic e rabbia. Le premetto che noi siamo 4 figli di un padre narcisista . La prego mi aiuti ad aiutarlo , sono distrutta nel vederlo così e sentirmi impotente. Mia sorella
    Non. accetterà mai si fare un percorso perché non pensa di avere problemi . Mio
    Nipote è distrutto, cosa posso fare?

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    1. Salve Marika, ma situazione non è semplice perché il bambino è minore e non può essere seguito senza il consenso di entrambi i genitori.
      Può offrire il suo sostegno al bambino e la sua vicinanza e sentire un terapeuta che possa aiutarla in questo.
      In bocca al lupo!

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  6. Dottoressa, ho avuto sempre il sospetto che mia madre fosse una personalità disturbata, perché già da piccola quando mettevo a confronto la mia situazione con quella di altri bambini era completamente anomala.
    Io ero la figlia prediletta, mia sorella
    Il capro espiatorio che ogni giorno doveva sentirsi dire che era una puttana buona a nulla. E se io un giorno volevo restare a giocare piuttosto che aiutarla o ascoltarla lo diventavo anche io. Era gelosa delle effusioni tra me e mia sorella, dei miei amici, in seguito dei miei ragazzi, dell’Università, delle uscite. Mi diceva in continuazione che non pensavo a lei, che la lasciavo sempre sola. Un altro atteggiamento mi ha segnato profondamente: da piccola mi nascondeva i giocattoli più belli che mi venivano regalati, quando io me ne ricordavo e gli chiedevo dove fossero lei mentiva dicendo che non li aveva mai visti. Poi magari li trovavo per caso, anche dopo anni, nascosti e dimenticati, nella loro confezione intatta e la sua scusante era che era fatto a fin di bene per non rovinarli. Ma intanto ero cresciuta in fretta con briciole materiali ed affettive, e di giocare avevo smesso da tempo.

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  7. Grazie del suo articolo. Ho potuto riconoscere mia madre in quasi ogni punto, parola per parola. Oggi io ho 55 anni, mi sono “smarcata” dal suo controllo anni fa, sono andata a vivere lontano e ho sposato l’uomo che lei detestava, un vero principe pur senza castello e cavallo. Ho due figli meravigliosi che amo con tutta me stessa e sono felice di somigliare a mio padre, un uomo profondamente buono nonostante per “la pace della famiglia” non abbia mai saputo opporsi a sua moglie. Però mi ha spronato ad andare via, 30 anni fa, quando vedeva che ero sempre più spenta e avvilita (ancora cercavo maniacalmente di compiacerla in qualche modo, di farmi apprezzare, o anche solo capire).
    Oggi è malata, forse di demenza senile, ma è ancora aggressiva e molto negativa. Non riesco a infischiarmene per il senso di colpa che non mi fa dormire, ma non so come fare a resisterle vicino. Rifiuta psichiatri e quasi ogni medicina. Sono veramente stanca e non so cosa sia meglio fare…
    Grazie di avermi ascoltata.

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  8. Quanta amarezza mi trasmettono questi racconti… Anche io ho capito a 40 anni che mia madre è una narcisista. L’ho “stoppata” quando ho capito che voleva sabotare il mio matrimonio. Le cose più brutte che ricordo sono, come per gli altri, quelle subite da piccola. Quella che più mi ha segnato (anche adesso che ho 50 anni) è che da piccola ero cicciottella, non obesa, solo un po’ paffuta come tanti bambini. Verso l’adolescenza ho cominciato ad assumere sembianze nettamente più femminili e lei, ogni volta che mi portava ad acquistare dei vestiti, chiedeva sempre alle commesse taglie grandi, sempre più grandi… perché quando li provavo, o anche prima che lo facessi, affermava sempre con ripugnanza che io non ci sarei stata in quell’abito, che per me quei pantaloni erano piccoli… Fino a quando un giorno una commessa, con un’espressione tanto sbigottita quanto chiarificatrice, al suo ennesimo rifiuto di farmi provare un abito della mia taglia in favore di uno più grande, le sentenzió in faccia: “Ma signora: guardi che sua figlia non è la donna cannone!”. Io ancora oggi, pur essendo sempre stata longilinea, mi sento “un’obesa dentro”, mi trovo mille difetti, mi nascondo nei vestiti. E questo è quello che voleva farmi credere lei. Ancora oggi se “oso” vestirmi da donna, magari un po’ scollata, mi critica aspramente e mi fa tornare tutto alla memoria. La frequento il meno possibile.

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